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56 | viàggio d’un pòvero letterato |
— Quali?
— Ma la bontà, la pietà per gli infelici, l’eroismo — disse Mimì con entusiasmo — , la fratellanza umana, il progresso umano, e poi le bellezze del creato. Non esìstono forse tutte queste cose?
— Se voi ci credete, esìstono.
— Voi non ci credete, forse? — domandò Mimì.
— Sì, ma così e così. Questo vi volevo dire, Mimì, che oggi il mondo è un così fragoroso macchinàrio che non si sentono più le voci delle tombe. Della qual cosa è prova il fatto che molti poeti si sono messi a celebrare il frastuono dei motori e dei macchinari.
— Che cosa dite?
— Niente, Mimì. I riccioletti del mattino si scòssero a queste mie parole attorno al visetto glabro e incipriato di Mimì; i suoi occhi tondi e superficiali si fècero più tondi.
Mimì veniva da una lunga tournée nell’America del sud, e perciò ignorava i più recenti prodotti della poesia nazionale.
— Niente, Mimì; ma per cantare le bellezze e anche le bruttezze del creato, occòrrono volti terrìbili e facce barbute.