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vii. - Che cosa voleva Mimì | 55 |
tere il naso contro la sottanella di una sartina, la quale, indubbiamente, odorava forte di paciulì? E chi le può fare rimpròvero se per qualche tempo lei si è divertita nel vedere gli strani effetti che su di me produceva il suo inestinguìbile odore di paciulì? A Milano, in fatti, per significare «innamorarsi sul sèrio», dicono: «fare il tifo».
Quel mio compagno di Asiago, il tremendo teutònico, che durante i sette anni di catena in collègio pareva non pensasse ad altro che alla filologia comparata ed alla Santa Vehme, appena fu lìbero, andò anche lui a sbàttere, ma con tanta violenza, contro una sottanella profumata che gli venne come un furore: e allora giù liquori per rinfrescarsi! E in pochi anni, fra sottanelle e liquori, la sua fibra di cimbro fu spezzata come un fuscello. Egli fece kara-kiri in altro modo.]
— Veniamo a noi, signora. Quale è l’argomento delle vostre poesie? È fàcile supporre: l’amore.
Mimì fece cenno di no, l’amore non era il tema prevalente delle sue poesie.
— Questa è una cosa grave — dissi io.
— Non esìstono forse altre cose che l’amore? — disse Mimì.