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— Sarà.

— Come «sarà»? È!

— In fondo sono istrioni, — dissi io.

— Oh, — fece Mimì scandalizzata — la più nòbile delle arti.

— Come volete voi: allora diciamo: «la più nòbile delle arti».

Del resto può darsi che tutti e due avèssimo ragione: io guardavo gli istrioni della vita e ne avevo l’ànima amara; lei guardava gli istrioni del palcoscènico, che dopo lo spettàcolo si làvano e vanno piacevolmente a cena, e ne aveva l’ànima dolce.

— E quello là, coi baffi spioventi in giù? Oh, ma quello non è un istrione. Quello, se non mi sbàglio, è Quìrico Filopanti, poveretto.

— Come «poveretto»? — esclamò Mimì sdegnata. — Un eroe, un santo!

Ora ben ricordavo: la gran passione di Mimì, giovanetta, per gli uòmini in qualsìasi modo straordinari....

— Ma quello è il ritratto di Giòsue Carducci! Avete conosciuto anche il Carducci? — domandai stupefatto.

— Voi non ricordate più nulla — esclamò Mimì con profondo stupore dei suoi occhi tondi.