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che sia la cagione perchè tu hai bisogno di me, non mi offrirai mica un bàcio, Mimi! né io lo offrirò a te. Due mezzi sècoli, quasi, che si bàciano. Oibò.»

E così andando verso la casa di lei, e passando per la vècchia via delle Belle Arti, mi sorprese quella rovina superba che è il palazzo cinquecentesco dei Bentivòglio. Uno sgretolato sedile marmòreo corre in basso. Sostai come ad un misterioso richiamo; guardai in su le due file delle finestre, fatte per una dimora di re, adesso senza più imposte, vuote come occhiàie di un morto; poi ancora mi fissai a guardare il sedile giù in basso. Mi si disegnò nella mente il ricordo di una gèlida notte di febbraio. Avevo ottenuto il favore di accompagnare Mimì al veglione del Comunale. Le carni di lei tremàvano pel freddo e per l’ira della lunga lite che era avvenuta fra noi, mentre ella si abbigliava. Ci fermammo — ben ricordo — lì: cioè io, dopo lungo silènzio, arrestai il passo di lei saltellante, lì, a quell’angolo deserto e buio del palazzo Bentivòglio.

— Tu non ballerai con....

— Io ballerò con chi mi pare.

— Io ti strozzerò.