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v. - Bologna di notte 35

Quìrico Filopanti. La sua misèria era spettrale: ma àbito nero e tuba. Doveva èssere ancora l’àbito che indossò quando fu deputato della Costituente della Repùblica Romana nel 1849. Ma non importa: àbito nero e tuba! «Pàtria, onore, eroi, repùblica clàssica,» èrano le sue parole. E poi «le stelle», perchè Quìrico Filopanti si occupava anche di Dio e delle stelle. Tutte cose che non ùsano più.

Sentii allora una grande compassione anche per Garibaldi. Perchè?

Perchè sopra quell’esposizione di tàvole imbandite all’aperto, si vedeva sòrgere il monumento a Garibaldi. Pòvero Garibaldi, costretto, nella sua immobilità di bronzo, su quel cavallo lungo da scuderia inglese, a guardare lì, tutte le notti, istrioni e cocottine, gaudenti e impenitenti.... Ti senti la vòglia di dar di sprone al tuo cavallo? Prima di te c’era lì il monumento di quell’altro pòvero eroe, col bràccio teso: Ugo Bassi. E poi hanno messo te, Garibaldi! Va là, va via, Garibaldi! Ah, triste sorte degli eroi! Triste sorte anche delle piante! Vògliono dormire e non pòssono. La luce elèttrica le acceca e le brùcia tutte, le pòvere piante....