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32 | viàggio d’un pòvero letterato |
va là, cadi giù: e anche voi, vècchie torri, cosa ci state più a fare costassù ritte? Dolce San Michele in Bosco, e tu, colle dell’Osservanza! Odor di viole in marzo; in autunno, odor di gaggie. Voi, gente del pòpolo che dicevate: «Torsoà, servitor suus!»; e voi cittadina gente cortese che dicevate, al più lieve urto: «Ehi, ch’al scusa! scusi bene!», dove siete voi? Tagliatelle, che parèvano avere odore di carne dolce di donna, dove si mangiano più? Siete andate via, dolcezza della vita?... O sono andato via io?
Sei andata via tu, vècchia Bologna, o sono andato via io? Questo era il problema che io meditavo andando a bere la birra.
Ma il vècchio caffè dell’Arena del Sole c’era ancora come ai bei tempi. Probabilmente da allora ad oggi non si era mai chiuso, anche per la ragione che manca di porte. Anche l’abitùdine gaudiosa di mangiare tra l’una e le due dopo mezzanotte, era rimasta. Però la vècchia sàpida birra Ronzani non si vende più.
— Spiessbraü! — mi avvertì il cameriere, stilizzato anche lui.
— Quella acquosa amaritùdine tede-