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iv. - Quattordicimila morti! | 29 |
Morto, ben morto, sicuramente morto, tanti anni fa. Un suo parente venne, e mi narrò anzi la strana istòria di lui: morto come muore l’aereonàuta per mancanza di pressione dell’ària, o, piuttosto, per un sovèrchio di pressione, cioè come uno muore in fondo al mare: vòglio dir questo: che la libertà respirata da lui tutta in una volta, dopo sette anni di collègio, lo aveva ucciso.
Il vino di Soave stava producendo in me il più benèfico effetto che suole il vino, quello di dormire; quando sobbalzai: pensai che il mio compagno Gherardo era morto, ben morto ed era morto per tutti quegli anni durante i quali io avevo seguitato a bere vino, a bere acqua; a fare insomma, tutte quelle cose che fanno i vivi. In che deplorevole stato dovevi èssere adesso, Gherardo, dagli occhi azzurri! Eppure per sette anni abbiamo portato la stessa montura, abbiamo mangiato alla stessa lunga mensa del collègio, ci siamo nutriti dello stesso òdio; lui dell’òdio sicuro di capo della Santa Vehme; e che aveva i pugni che pesàvano molti chili.
Quante cose vane!
Lasciai Asiago nell’ora più calda del