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mai però volli riconòscere l’autorità della Santa Vehme.

Mi sorrise allora l’idea di vedere Asiago che è in alto su l’alpe; ed altresì di strìngere la mano al mio compagno Gherardo. «Di Sante Vehme — diceva fra me — ne ho conosciute poi tante che non è il caso di serbar rancore per quella che tu fondasti in collègio. Qua, dunque, la mano, amico, e beviamo insieme.»

Così gli volevo dire, rivedèndolo ad Asiago.

La ferrovia, a rotaia dentata, che conduce ad Asiago, dicono che sia molto interessante; e anche questo costituiva un motivo per discèndere alla prima fermata.

— Scende o non scende? — mi disse bruscamente la guàrdia a Vicenza.

— Sissignore, scendo.

— Allora fàccia presto perchè il treno parte sùbito.

Scesi: ma appena il diretto si fu dilungato via, quasi ne ebbi pentimento. Tutto chiuso, buio, tutto addormentato ancora alla stazione di Vicenza.