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ii. - Luci nella notte | 9 |
che, qui presso, sta un’altra antica torre, più giù: la torre di Solferino, là veramente, il 24 di giugno 1859, Napoleone III spezzò quella vostra spada teutònica che ancora gravava su noi. Ma nessun faro vi splende, nessun segno votivo!»
Ecco, corriamo adesso lungo i begli spaldi di Verona. Brìvidi di luce còrrono già per la campagna. Così doveva essere nell’estate del 1859, quando il grosso prìncipe Plon-plon, a fùria, nella berlina stemmata con l’aquila di Frància, entra in Verona «fedele»: le sentinelle austrìache guardano attònite ai colori di Frància. Appare in tùnica celestina l’èsile sire d’Absburgo, l’erede di Carlo V. Si duole assai il giòvane sire, che non rivedrà più la Madonnina del Duomo di Milano, retàggio di Carlo V. Non la vedrà più! Ben sperava di rivederla la mattina del 24 giugno! Ora non più. Mai più!
Sèmbrano vicende d’altri sècoli. Ma il sire di Absburgo è ancora vivo, e noi lo chiamiamo, con dimestichezza obliosa, Cecco Beppe; ma il mare delle genti teutòniche è laggiù, in fondo al Garda; ma il mare delle genti croate e slave