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xxi. - L'alloro ed il cipresso | 223 |
Nel pomerìggio di quel giorno stesso un carrettino col soffietto alzato per la calura, che veniva al trotto di quella che il Poeta ricorda, cavallina storna, si fermò alle prime case di Savignano. Le brìglie èrano abbandonate e la cavallina pareva domandare soccorso. La gente guardò e vide un uomo con la testa chinata oramai e sanguinante, e fu riconosciuto per il signor Ruggero Pàscoli. Un colpo di fucile a tradimento gli aveva spezzata la testa. Perchè? A quei tempi uòmini micidiali, dati a disonesti guadagni, dominàvano in quelle terre di Romagna, e il trovare un uomo ucciso non era cosa che meravigliasse troppo.
Quella rettitùdine e questa disonestà micidiale si èrano incontrate in quel giorno d’estate. La gente tacque o bisbigliò sommessamente; chi poteva avere udito o veduto, non aveva nè udito o veduto. La Giustìzia fece, per suo conto, un po’ lo stesso; e ben è vero che in quei primi tempi del nuovo regno la veste polìtica di liberale servì a tante cose, che con la Pàtria e con la libertà non avevano nulla a che fare.
Poi la mòglie dell’assassinato stava smemorata sul greppo della Torre, quello