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xx. - Dunque ròndini, addio! 215


— Capisce — diceva — che ho affari urgenti al mercato?

Ma io sempre di no con la testa.

— Ah, non capisce? Tedesco è lei?

Quando il prete vide che a nessun patto io ero disposto a farlo salire, si sfogò col fiaccheraio, in dialetto:

— S’è fatto un mondo così superbioso, così aristocràtico con questi forestieri, che l’è una vergogna! Ma non ci si stava bene in due?

E indicava i quattro cuscini, che io mi ostinavo ad occupare da solo.

«Prete, prete, egli è che io poco amo i làici che vanno al mercato; meno poi i chièrici!»

Ed il prete rimase lì, su la piazza, a querelarsi contro la aristocrazia.

Passò il borgo di San Giuliano, passàrono le Celle, dove è il Cimitero. Me ne accorsi dal rumore delle ruote sul passàggio a livello. Allora soltanto levai la mano dagli occhi.



Per la grande via Emilia, per quella che fu già la via Romea, fra le siepi bianche di pòlvere, scendèvano alla città,