Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
212 | viàggio d’un pòvero letterato |
non la potevo più sentire. Mi pareva un mendicante che domandasse agli uòmini quello che essi non pòssono dare: l’amore e la pietà. Anche quella sua religione per gli ùmili non mi piaceva: «Sì, Pàscoli, regala il pane bianco e gratùito! Dopo lo butteranno via e domanderanno le tartine». È sconfortante, lo so: ma è così. E anche non mi piaceva nel Pàscoli quel suo portare i fiori del sentimento al socialismo. «Il socialismo — io diceva — è quello che è; e se è, è perchè oggi ci deve èssere; ma dei tuoi fiori devoti non sa che fàrsene».
«Giovanni Pàscoli — io dicea anche — non far la capinera, che alleva le ova del cuculo; perchè quando il cuculino è cresciuto appena, butta giù dal nido tutte le capinerine.
«Tu ben ti intendi di uccellini, Giovanni Pàscoli! Il cuculino non lo fa per cattivèria, oh no! È l’istinto. Ha fatto così, e farà sempre così!»
Ma lui era sincero come un morente che dice ai viventi: «Amàtevi, andate d’accordo, non fatevi del male, aiutàtevi l’un l’altro». E quando nelle sue ùltime poesie cantò cose eròiche e la Pàtria, sì, anche allora era sincero, e l’eco della