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190 | viàggio d’un pòvero letterato |
deva per suo conto, dalle rotonde gote, sul collare. Con mossa automàtica del tovagliolo il prete asciugava il sudore, e scacciava le mosche. Una questione, quasi teologale, era intavolata fra i due.
— Com’vala sta fazzenda — diceva con voce in falsetto il prete color carota — che se me, che se io màngio tagliatelle sottili, sento un umore, se màngio tagliatelle larghe, ne sento un altro?
Il prete nero sosteneva con voce profonda che ciò proveniva da Dio che faceva entrare in funzione speciali nervi per gustare le tagliatelle strette, ed altri nervi per gustare le tagliatelle larghe.
Ma il prete rosso in questa faccenda delle tagliatelle era d’opinione che Dio non ci entrasse; ma piuttosto la cuoca ed il cuoco, il tagliere e la coltella. Essi non si accordàvano nella metafìsica della questione, ma si accordàrono nella parte sperimentale, perchè seguitàrono ad ordinare diversi piatti di tagliatelle larghe, alternate con tagliatelle strette.
Io stavo sempre meditando qualche ragionamento straordinàrio per confortare il soldato, ma non osavo cominciare perchè avevo paura che dalle labbra di lui uscisse qualche imprecazione