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xvii. - Il rèduce dalla guerra 181

le stazioni diventàvano molte; perchè ognuno voleva offrire qualche cosa; una stretta di mano, un sìgaro, un càlice (come si dice a Milano); un càlice di qualche cosa di piacèvole al soldatino che ci andava a conquistare Trìpoli bel suol d’amore. Poi una sera è partito il reggimento. Altri cinquantamila soldati il Governo mandava laggiù. Certamente avremmo vinto. Come scrosciàvano gli applàusi! Si propagàvano dalla strada, su per i balconi, per tutti i piani; parèvano scrosciare dai tetti. Una fiumana di gente, per tutta la strada, per via Santa Margherita, via Manzoni; e, in mezzo a quella fiumana il reggimento si snodava, si riannodava: si avviàvano i soldatini grigi alla stazione.

Gli studenti portàvano gli zàini affardellati e i fucili. Quando rimbombàvano i metalli delle bande militari, pareva che gli applàusi scendèssero giù dal cielo come crepitanti ali di Vittòria, e le bandiere èrano agitate come se presentìssero la tempesta della guerra lontana. La stàtua di Carlo Cattàneo emergeva sopra la folla, e pareva avviata anche lei.