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170 | viàggio d’un pòvero letterato |
di Marìn Sanudo, dei combattenti di Lèpanto? Voci fèrree e latine pel mare! Davanti a me, scolpita nello sportello della gòndola, sta la bocca umana del leone. Ondeggiò il leone sugli orifiammi delle galee combattenti; fu scolpito per tutto l’Oriente il sàvio leone che posa la zampa sull’Evangelo! Pax tibi, Marce, evangelista meus! Ha l’Evangelo, ed anche la spada! A Zara ti ho ben veduto, leone di Venèzia! Obliata, lontana Zara! Perchè pensai a Zara? Perchè le donne di Zara dicevano a me con isconforto: «I nostri figli non parleranno più veneto».
Ecco d’un tratto su le fondamenta mi balza, cavalcante, la figura e l’elmo brònzeo di Bartolomeo Colleoni.
Lungo quelle fondamenta una schiera di ragazzi ignudi si tùffano, mi grìdano: «Buttare in mare soldino!».
Via! Brutte rane!
Il sedile della gòndola è assai còmodo: questo basso nero sprofondato sedile. V’è posto per due, ed io sono solo. «La biondina in gondoleta»? No! Io non penso ad alcuna biondina. Penso a te, piccina, ridente cosa senza nome, o con un làbile nome, nome del mio mondo! Oh, averti qui in piedi avanti a me, doman-