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xvi. - Pax tibi, Marce, Evangelista meus | 165 |
Quale?
Questa forse: «Daniele Manìn, che col suo martìrio sigillò il pòpolo d’Itàlia».
Ma poi sarebbe stato necessàrio un libro per spiègare questa nota. E allora, invece di quei quattro leoncini sotto la tomba nera, che sèmbrano i piedi di un cassone del Cinquecento, quattro grandi leoni grifagni, terribili come te, Marce, Evangelista meus!
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Ma il caldo è sciroccale, ed io non ho il sottile àbito rinfrescativo dei due gentiluòmini.
Rifugiàmoci in luogo meno caldo: qui sotto il pòrtico del palazzo ducale, dove non è gente, non negozi, non caffè.
Ma qui il mio naso andò a bàttere contro una pìccola làpide incastrata nel muro.
Questa làpide non era in latino, ed io di sòlito quando trovo una làpide in latino, non la leggo per non spogliarla del suo paludamento. Era una làpide in italiano, anzi in veneziano.
Diceva così:
MDCLXXX, III ottobre. Andrea Bodù