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xiv. - Pècore e uòmini 151

Augusto ascoltava con molto compiacimento il poeta, tanto più che la stòria del come aveva fatto per diventare Augusto, domandava non pochi abbellimenti poètici. Ma ad un tratto Augusto balzò su la sèdia di avòrio: un dispàccio gli era venuto che gli annunciava come i soldati romani messi a guàrdia della pace, èrano stati dal tedesco Armìnio tagliati a pezzi dalla guerra. E da allora, per altri tre sècoli, l’impero dovette far la guerra per conservare la pace.

Ma ecco spuntò un bel giorno in cui la pace sembrò assicurata definitivamente; e ciò fu perchè venne Cristo, e gli ufficiali e soldati romani si rifiutàvano di adoperare la spada, perchè Cristo vieta di adoperare le spade. Sarebbe stata una cosa sublime se ai confini dell’Impero non ci fossero stati molti Armini, i quali non conoscèvano Cristo e avèvano molto sangue nelle vene. Allora un sàvio imperatore, di nome Diocleziano, ricorse alle più severe misure contro quegli indisciplinati. Ma come era possìbile punire gli indisciplinati quando il numero di costoro superava gli agenti della disciplina? E fu così che un altro imperatore, sàvio anche lui, ma di nome