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xiv. - Pècore e uòmini | 147 |
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Ho dormito finalmente bene: mi sono fatto aprire la finestra: il cielo era puro, innocente: della delinquenza del temporale di ieri nessuna tràccia. La bella estate aveva ricondotto il sereno. Canti di augelli dalla campagna, raggi di sole nascente. Come è più bello il sole in Romagna!
— Un caffè raccomandato, senza vostra porcheria di cicòria. E i giornali, molti giornali — ordinai.
Ecco il caffè, ecco i giornali. Pover’uomo, aveva preparato un caffè eccellente. Disteso sul letto, ravvolto nel sole e nell’ària del mattino, io venni un po’ per volta a trovarmi in quello stato di benèssere che segue al riposo notturno e a una buona tazza di caffè. Accesi il sìgaro per rèndere più completa la voluttà. «Godiamo!» come dice quella signora, e cominciai a svòlgere i giornali.
Notìzie della guerra. Se ne comìncia a capire qualche cosa, cioè sono i Greci ed i Serbi contro i Bùlgari. «Gli euzoni, i palicari — dice questo giornale — si