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142 | viàggio d’un pòvero letterato |
organi, che vada animata da una sua volontà. Certo è un’illusione dell’òcchio perchè è l’uomo che ha creato la màcchina. Però questo contìnuo creare màcchine e màcchine non può darsi che porti via un po’ d’anima all’uomo per darlo alle màcchine? Se la natura ha dato quel tanto e non più....
Il treno si è liberato dai monti. Precìpita.
Brisighella: siamo già in pianura: pochi chilometri ancora, e poi Faenza.
Sopra Brisighella in cima a tre collinette si sono rifugiati una torre merlata con l’orològio, una chiesina, un minùscolo castello: un, due e tre, su le tre collinette. Una fila di cipressetti li congiunge, che pare un ricamo nel cielo.
Quelle tre cosine salùtano sempre i treni che pàssano.
Faenza! Ecco noi siamo arrivati in Romagna, e per l’appunto in quella città che fu chiamata l’Atene delle Romagne, in quei tempi in cui con molta facilità si concedèvano queste onorificenze di Grècia e di Roma. I superiori che allora comandàvano in Itàlia, trovàvano, anzi, questi balocchi molto ùtili.
Scendo dal treno. È l’ora del vèspero.