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Prefazione xi

alcun guizzo. E infatti rileggendo poi me stesso come se altro io fossi stato, mi parve che in questo libro, scritto prima della Guerra, si contenesse qualcosa che presentiva la Guerra, e qualcosa anche che meritava di vivere anche dopo la Guerra. «Ma perchè stamparlo se gli ànimi e i corpi dovranno cadere sotto il tetro materialismo germànico?» Io vissi questi anni in questo ìncubo; e tutt’al più pensavo a questo libro come a una tomba per seppellirvi con onore certe gentilezze che la vittòria germànica avrebbe raso al suolo, come fece nel suo passàggio di tutte le cose belle.

Ora lo spaventoso ìncubo va dileguando e la vita sembra aver ragione su quella tetra morte germànica. Perciò il libro vede la luce.

Certo è che dopo questa Guerra, se veramente desideriamo che la Germània non vinca, anche se vinta, è necessària un’altra vittòria: quella su noi stessi.

Ma per ciò che riguarda questo libro, voglio ora sperare che Giovanni Papini, il quale fu principale cagione della stampa, non se ne debba pentire.

Roma, ottobre 1918.