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xiii. - La pupa, il prete e la guerra 127

quasi come lei. Una spècie di casacca, lievìssima, àmpia, color granata, le sta aperta sul petto, dove una mussolina aderisce così finamente che sìmula l’epidèrmide. La gonnella a sghimbèscio làscia esposte due scarpette laccate, affusolate, mìnime: la trama delle sue calze è così lieve che si direbbe senza calze.

Non giunge nè meno ad essere invereconda e scomposta: anzi rimane composta. Un grosso mazzo di viole le sta fermato sul petto: un grosso manìpolo di rose thea, di rose purpùree ella ha posato sul cuscino rosso. Vien la vòglia di soffiarci sopra, e farla fuggire dal finestrino quella fèmmina perturbante.

Ne sono perturbati un po’ tutti. È una ressa di gente, enorme, anche in prima classe: grossi maschi, grossi sottotenenti bellìssimi affòllano il passàggio del corridoio, sbìrciano, èntrano: è il mattino d’estate, l'ora dei formidàbili appetiti.

Lei non si muove; il signore che è con lei, le fa segno di restrìngersi, pare su le spine, ha gli occhi fuori della testa.

Oh, ma quei signori sono tutti cortesi, quei bellìssimi imberbi dei sottotenenti sono di una cortesia spaventosa. La si-