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Capìtolo xiii.


LA PUPA, IL PRETE E LA GUERRA.


Una elegante donnina che andava su e giù a passettini stretti sotto la tettòia della stazione di Pisa, è salita anche lei nel treno dove sono salito io. Non è sola; ma con un grosso vistoso signore. Adesso ella sta seduta: io la posso contemplare in tutta pace. È bella? chi lo può dire? Il suo volto pare ricavato per opera di un àbile gelatiere da un sorbetto di crema alla vanìglia, con ricami di cioccolata ed alchermes. I suoi occhi sono lineati ad arte; e rimàngono immòbili e stùpidi: deve essere giovanìssima; un’adolescente ancora. Questa adolescenza e quegli artifici di vècchia cortigiana pertùrbano. Il suo crànio pìccolo sta incapsulato, giù sino alla nuca, in uno di quei cupolini che ora sono di moda: dalla nuca si drizza pur una penna, alta