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mio questo fatto curioso: se non ho la cravatta a posto, non mi sento a posto nemmeno moralmente.

— Bravo! A propòsito di cravatte! Come va che la sua cravatta sta come torre ferma; e la mia gira come un quadrante per il collo?...

— Sèmplice! Lei la fissa con queste molle automàtiche.... Permette?

Mise delicatamente il pòllice e l’ìndice nel taschino del gilè, ne trasse sùbito un astùccio, dall’astùccio due mollette; mi venne vicino con la sua testolina lucidata all’eliotròpio, e come glielo permetteva l’andar balzelloni nell’automòbile, fissò e mise in valore anche la mia cravatta.

Mentre egli si stava così chino, io assaporavo il profumo della sua testolina all’eliotròpio.

— Le cravatte svolazzanti — disse — è bene che lei le èviti. Hanno un caràttere democràtico, ma non sono niente chic.

— Perchè, scusi, lei è aristocràtico?

Vidi la sua fronte incresparsi ancora sotto il martìrio di una meditazione.

— Lasci, lasci, già anch’io non so bene se sono democràtico o aristocràtico —