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86 | viàggio d’un pòvero letterato |
spaghetti col sugo, una cosa che a Milano «lascia alquanto a desiderare». Avrebbe imparato la lìngua fiorentina: Costassù, codesto costì, e non la mi fàccia il nesci! una cosa complicata mica male, che a scuola non era riuscito a capire.
— Lei ha studiato?...
— Tutte le tre tècniche, ma, in confidenza, la lìngua milanese è la vera lìngua del commèrcio.
Naturalmente non andava costassù a mani vuote — e mi mostrò un pacchetto rotondo.
— Una torta? — domandai.
— Mai più! Alcuni dischi straordinari, Caruso, Bonci ed altri cèlebri divi e dive. Non li conosce? No! Nemmeno al fonògrafo? Non la interessa il fonògrafo?
— Sinceramente, preferisco non sentirlo.
Mi guardò con istupore.
— È il primo che sento. E lei dice di vìvere a Milano? — E ammutolì guardàndomi.
Aveva la fisonomia di un buon figliuolo; e siccome ai miei occhi egli pareva moltissimo elegante, così giudicai ùtile di approfittarne per risòlvere il dif-