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il trionfo della penna d’airone 79

republicano. Perchè? Non lo so, nè mi ricordo di averlo mai detto, nè di averlo pensato, ma i miei compagni lo ripetevano sempre e con tanta convinzione che mi persuasi che proprio io dovevo essere tale veramente.

Dimostrava il mio ottimo raccomandatario che non è lecito ad un giovane per bene essere republicano. «Republicano al tempo di Catone, di Cicerone, di Muzio Scevola, di Collatino e di Bruto va bene: ma dopo, no! il nome stesso republica si presta bensì all’esercizio di una declinazione composta: nominativo res publica e genitivo rei publicæ, come ius iurandum, genitivo iuris iurandi. Ma questo è il solo vantaggio che noi possiamo ricavare dalla parola republica.» Giacchè il povero uomo scivolava per effetto della lunga abitudine sempre nelle declinazioni.

Però era il solo che fosse sincero e mi volesse un po’ di bene.

Egli, in quelle solennità, mi veniva a prendere verso mezzogiorno, dopo colazione, quando già tutti i compagni erano usciti.

— Bondì, putèlo! oggi è un giorno che ci divertiremo — dicea — La colazione l’hai già fatta? Sì? Tanto meglio; così avrai più appetito per il pranzo. Intanto andiamo a comperare un bel dolce!

In quell’età, verso i quindici anni, io amoreggiavo letteralmente con certi speciali dolci, come è a dire i canditi, i fondants, le creme, le cioc-