Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
76 | i trionfi di eva |
E nel parlatorio, dopo quell’ora mondana, rimaneva un profumo di essenze e di muschio, insieme all’odor del cioccolatte, della vaniglia e delle paste sfogliate di cui, insieme ai baci, rimpinzavano i loro figliuoli, scialbi, slavati, dalla fisonomia viziosa e stupida di tanti S. Luigi che prendono la comunione.
In quelle ore di visita, io, che non avevo nessuno che mi venisse a trovare, rimanevo in camerata con altri due o tre disgraziati senza famiglia.
Una volta chiamano anche me in parlatorio.
Figurarsi che festa: metto la tunica nuova, mi lucido le scarpe e scendo giù.
C’erano in un canto mio babbo e mia mamma che mi venivano a fare una sorpresa.
Ma cessata la confusione del primo incontro e del primo abbraccio, mi avvidi che le parole di quella folla signorile erano sospese e gli occhi malignamente rivolti su di noi tre.
Intuii, tacqui, mi irrigidii.
Mia madre e mio padre, invece, erano così felici che attorno a loro non c’era nessuno.
Mia madre parlava ben forte e dava tutte le notizie di casa: mi avrebbe voluto portare una ricottina, di quelle che mi piacevano tanto, ma siccome i regolamenti proibivano di portar roba mangereccia, non aveva voluto trasgredire alla legge. Mio padre, avendogli io scritto che soffrivo di geloni ai piedi, liberò da un grosso involto e