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il trionfo del marito di clodio 45


Trovandoci per la prima volta al cospetto di lei, io, ed il dottore pure, fummo presi da turbamento. Arrossivamo per lei.

Ella era impassibile. Parlò della ferita, della cura dei bimbi, di tutto fuor che un accenno alla causa di quella ferita. Pareva che si fosse trattato di un’altra persona.

A qualunque ora del giorno e della notte noi ci fossimo recati a visitare l’infermo, la marchesa era immobile, calma, al capezzale.

Ora, la febbre altissima richiedendo una sorveglianza notturna, disse il dottore:

— Signora, sarà necessario provvedere una infermiera per la notte.

— La infermiera sono io.

Ogni obbiezione fu inutile. Infermiera volle essere il giorno e la notte.

Si trasmutava di giorno in giorno: pallida per le lunghe veglie, ma composta, ma non una traccia di pianto: anzi una specie di ilarità interna che appariva in una dolcezza e in una signorilità sorprendenti.

Quando la febbre decadde e cominciò la convalescenza di Clodio, ci intratteneva spesso ad un tavolino da tè, presso il letto dell’infermo. Ragionava con molto buon senso dei bambini, dell’educazione da dare, e ogni consiglio del dottore era accolto con vivi segni di riconoscenza. Pareva che imparasse una lezione preziosa, che si addentrasse in un giardino meraviglioso di