Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu/264

260 i trionfi di eva


E come rideva così il volto di Piero Medici si abbuiava e si confondeva: l’uomo sentiva di diventar piccino e finì col rifugiarsi ancora nella poltrona.

— Dunque lei non accetta? — chiese infine. — E noi che eravamo così sicuri che lei avrebbe accettato!

— Ma volete che io venda i miei figliuoli? O che li pigliate voi per capretti, per vitelli, per galline?

Ma non ebbe voglia di ridere ancora: Almerigo Crosio pensò e si intenerì, prese l’aspra mano di Piero Medici e la strinse affettuosamente.

— Ah, Puccìn! dover perdere Puccìn! — ripeteva il villano. — Me lo lascino almeno per un altr’anno, povera Puccìn; tanto da vederla grande!

***


E fu così che Puccìn rimase a balia sino ai tre anni e da allora Almerigo Crosio lesse le lettere di Piero Medici e qualche volta pensò alla derelitta Puccìn.

***


Dopo un anno Almerigo Crosio si decise di andare a prendere cotesta sua figliuola, e ricondurla a casa e farla pari nei diritti e negli agi di cui godevano gli altri due fratelli: i quali è