Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu/262

258 i trionfi di eva


Puccìn — proseguì con gran copia di mimica Piero Medici — era ridotta bianca come quella carta, pesava come un passerino morto e non si vedevano di vivo se non gli occhi: la sua pelle cascava come questa qui (e Piero Medici fece saltare su la palma la borsa vuota del tabacco). Lo sappiamo io e mia moglie quello che abbiam fatto per Puccìn! E il medico due volte al giorno! La gente veniva per vedere il miracolo della bambina che non moriva. Io per badarla e portarla (non voleva stare che in braccio) ho perso un mese buono di lavoro; e la pazienza di ubbidire agli ordini del medico la dice poco, lei? Perchè sa chi l’ha salvata? Il medico. Lui ha detto:

«Se state alle mie ordinazioni Puccìn vive, e se no schiavo!»

E ha ordinato una gran pulizia, un gran dare aria, lavare tutto, tutto misurato, e stare attenti giorno e notte. La gente diceva che eravamo matti a dar retta a tutte quelle sciocchezze del medico e che la bambina sarebbe morta lo stesso. Ma ora che vedono Puccìn rifatta, e che è un fiore, un botton di rosa, un giglio puro, non dicono mica più così! La Befana da un mese gli ha portato il regalo: Puccìn si è staccata e cammina da per sè.

Crosio ebbe la pazienza di ascoltare l’interminabile sproloquio a proposito di un’innocua diarrea infantile; infine domandò: — Le vostre spese saranno molte?