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234 | i trionfi di eva |
sulla mia inguaribile ignoranza e me ne stavo lì inchiodato sulla sedia a sentir la predica senza risponder più verbo, tanto che non udii la campanella del fine nè vidi la gente che andava via: ma quando un passo lieve e una voce carezzosa con l’erre si fece sentire presso di me, saltai in piedi come di scatto.
— Ma che carattere impressionabile! — disse lui.
— Prego, stia comodo — mi disse la signora e rivolta al marito aggiunse: — Guarda che sei proprio l’ultimo. Beata distrazione!
— Stavo facendo una ramanzina all’amico — disse il professore — e questa volta proprio sul serio.
— Le ramanzine di mio marito sono terribili — disse la signora e pronunciò quel «terribili» con quel suo erre affascinante e inimitabile che mi risuonava ancora nel cuore per la frase udita breve ora innanzi. — Ma io — proseguì abbassando il lorgnon sino a squadrare la punta dei miei stivali — ma io indovino subito quale è la causa della ramanzina di mio marito. Lei è ciclista, vero? Sappia che mio marito, che pure è incapace di odiare, odia ferocemente il ciclismo.
— Elvira!
— Confessalo, tu lo odii....
— Io non ho mai detto simili leggerezze di odiare il ciclismo: ho detto e affermo che questa frenesia per lo sport eccede i limiti del buono e normale esercizio fisico.