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224 | i trionfi di eva |
l’ostessa. — Intanto nessuno ti dice che sia un giro: per me, sino a prova contraria, sono due sposini.
— Già per lei son sempre due sposini — disse sarcasticamente il marito.
— Se non lo sono, meriterebbero di esserlo! Lei, bella! Ma lui? Un cherubino. Cos’avrà? vent’anni! E vedere come ci è morto dietro, le premure, le delicatezze, le grazie, i bei modi! come c’è innebriato! sono cose che commuovono....
— Va là, vecchia carampana! — disse il marito.
— Bene so che un omaccio come te non ha più nessun sentimento. Oh, senta — si rivolgeva a me — una di queste due costolette la voglio dare a lei. Sentirà che bontà! L’altra la accomodo in due. Già loro non ci badano a quello che porto sul piatto; se è molto, se è poco, se è buono, se è cattivo. E poi tu, ehi, tu? dà retta: il signore è di famiglia e si può parlar chiaro: se fossero i primi venuti capisco anche i tuoi scrupoli, ma sono degli avventori che vengono ogni tanto, e avventori buoni. Se non c’erano loro tutte quelle bottiglie di vino spumante a chi le avresti vendute? e il cognac? Ne capitasse una al giorno di coppie come quella lì!
L’uomo alzò le spalle e mi stendeva davanti il tovagliolo: — Dopo facciamo la bottiglia a scopa?
— Ben volentieri, amico mio, oh, caspita, anche i tartufi!