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il trionfo della morale 223

di pampini verdi e a suo tempo di aiuole di fragole. Quivi non solo c’era modo di fare una colazione rusticana eccellente ma anche di aggiungervi una partita a scopa con l’oste col quale mi ero fatto amico. Vi capitavo sovente e fra gli altri giorni in un limpidissimo venerdì di giugno, un venerdì luminoso, caldo, pieno di vibrazioni e palpiti procreatori nella natura. I recessi tranquilli dei campi erano pieni di passeri che facevano la ruota e il minuetto alle loro dame; molte antère delle piante sotto la forza del sole scoppiavano e nugolette di pòlline erano librate nell’aria; gli insetti si aggiravano in così grande numero da credere che quel giorno corrispondesse a qualche loro misterioso e sacro rito. Nel cortile solitario dell’osteria era una vettura chiusa come un enigma e l’ostessa era in molte faccende davanti ai fornelli.

— Avete forastieri? — domandai.

— Due signori di sopra — disse lei bonariamente.

— Sì, due signori, di cui uno porta le sottane — corresse il marito rivolgendosi a me. Indi rivolto alla sua donna dicea: — Ed è tanto che te la canto in musica che di questi giri in casa mia non ne voglio: dico bene o dico male?

Io non potei che lodare il suo sentimento di moralità.

— Oh, dunque....

— Prima di tutto parliamo piano — disse