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18 | i trionfi di eva |
così questo imbecille corre lietamente alla sua ruina pur di adornare e rendere felice il suo idolo, il suo meraviglioso feticcio che ride. Tutto il suo mondo è lì!»
— Soltanto — aggiungeva il dottore — una cotale specie di passione potrebbe portare ad una specie di pervertimento: il desiderio di far gustare al publico la propria opera d’arte. Accenno al caso in genere e come supposizione, non ad un fatto specifico. La cosa vi può sembrare mostruosa e in contraddizione con la gelosia: eppure avviene più di sovente di quello che non si pensi, specie in cotesto ceto di gente a cui il lusso, la ricchezza e l’ozio, l’eccesso del cibo e della bevanda vanno lentamente formando un ambiente o mezzo morale incredibilmente immorale in cui non è più possibile distinguere ciò che distinguiamo io e voi e che in fondo distingue il popolo che lavora e che soffre. Il giudizio del popolo non è altro che un’espressione falsa di una condanna giusta ad una società e ad un genere di vita viziosa ed oziosa che deve scomparire.
Qui cominciava il diverbio etico-sociale fra me ed il dottore: diverbio che si protraeva finchè le stelle dell’Orsa non cadevano in mare.
Quello però che stupiva era l’osservare come nè l’uno nè l’altra pareva che si avvedessero di questa atmosfera di obbrobrio e di ridicolo che li ravvolgea.