Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu/198

194 i trionfi di eva


Per il rimorso? «Non ti rimorde il cuore, o Fabrizio, al pensiero di quello che stai per fare, di sciogliere cioè una cellula di quell’istituto del coniugio in sul quale riposa la santità della famiglia e con essa e per essa tutto il civile consorzio?»

Doloroso a dirsi! La coscienza del comm. Fabrizi, pulsata ancora da questa domanda, non rendeva più veruna risposta: anzi, cosa più dolorosa e nequitosa che mai, la figura della marchesa consorte (simbolo vivo del legame del coniugio) con l’adunco naso gli si ergeva innanzi instillandogli un senso di disgusto presso che fisico, e che pareva aver sede nell’epigastrio come avviene a chi si è gravato di cibo e di bevanda più che misura non consenta.

Per ventitrè anni egli avea concesso alla marchesa consorte tutte le attenuanti, tutte le giustificazioni che avea negato agli imputati di cui la legge lo faceva giudice: ora non più, nessuna attenuante, nulla! Un solo, vero giudice: Dracone! Ma che cellula! Egli aveva rimorso di non averle disgregate prima ed in maggior numero, quando era in tempo!

E il Comitato, ed il senatore X***, celibe, anzi celibissimo e, a’ suoi tempi, scapestratissimo senatore X***, presidente del Comitato per la salvezza della famiglia?

Al diavolo anche loro! No, non era il rimorso che gli gravava il passo e lo rendeva pusillo al