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180 | i trionfi di eva |
guardò: avea davanti a sè qualcosa di eccelso, di nero, di rosso, di argenteo. Era il signor colonnello della legione dei carabinieri, il quale con un gentiluomo suo amico ragionava calorosamente; e avea interrotto vedendo salire lui.
Però anche lui, l’egregio colonnello, ragionava al vanvera quella mattinata. Almeno così parve al commendatore Fabrizi.
— Avanti di questo passo, caro Commendatore — seguitava il detto colonnello rivolgendo anche a lui l’interrotto discorso — si va a rotta di collo. L’immoralità dilaga, le licenze della stampa e delle cartoline pornografiche non conoscono più limiti; noi siamo in un treno lanciato a tutto vapore senza più forza di freni. Se ne accorge lei di questo? Il principio d’autorità è sconvolto! Qui bisogna provvedere, pensare il rimedio...
— Già il rimedio... — ripetè balordamente il commendatore.
— Semplicissimo! Volere!
— Sarebbe a dire?
— Come? E me lo domanda? — Sì anche lui, il colonnello, ragionava a vanvera. Si vede che avea fatto un’eccellente colazione e si era attaccato ad un’idea fissa proprio come il sigaro verginia si era attaccato ai folti baffi grigi.
— Volere! volere! — sentenziò il colonnello. — Sic volo, sic jubeo, stat pro ratione voluntas! Ecco la massima! Nel medio evo vi fu la su-