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il trionfo di nadina 149


Le une e le altre formavano una cronaca di vario ma non dispari interesse: cronaca splendente al sole, che non offendeva più.

Ma di ciò che passava nell’animo di Nadina nulla balenò o comprese, nè poteva ella comprendere.

Tutto al più osservava che era molto pallida: che gli uomini la guardavano molto: che l’avrebbero guardata di più se avesse ceduto alle sue esortazioni di vestire qualche abito più appariscente.

In altri tempi e in altre circostanze queste parole avrebbero provocato lo sdegno di Nadina; ora non più! La molla dello sdegno era spezzata, e poi la dama non avrebbe compreso il suo sdegno, e poi le parole di lei erano senza intenzione, corrette, nel modo stesso che la sua vita esteriore era di una correttezza compiuta: nulla che non fosse conforme a dama e a gran dama ella aveva notato nella vita di Mrs. Evelyne, e l’altezza delle relazioni che costei aveva in Parigi la confermava in questo pensiero e le acquistava prestigio. Di che dunque sdegnarsi?

Ma nei pochi momenti di raccoglimento nella sua stanza d’albergo, maggiore era il pallore, più orribile il vuoto.

E non solamente la voce della coscienza non reagiva più, ma quella vita febbrile e pazza le parve un po’ per volta la vera vita: necessari e belli le parvero quei riti del lusso, e con terrore pensava