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il trionfo di nadina 145

diversa da quella del piccolo Petrarca che aveva portato con sè, letture di cui la strana donna meravigliosamente si compiaceva. E a Nadina conveniva leggere!

Una sete insaziabile di godimento possedeva Mrs. Evelyne. Un bell’abito, un bel colpo d’occhio, un bel gesto, uno scandalo del gran mondo, un avvenimento fuor del normale la eccitavano come un liquore prezioso. I casi più miserandi della vita erano da lei riguardati con calma addirittura ieratica. Capace di profondere oro per un capriccio puerile, incapace di spendere un centesimo per asciugare una lagrima.

In quella febbre di sensazioni anormali trovava nei libri il massimo eccitamento. Una mostruosa passione la commoveva sino alle lagrime: gli affetti comuni e santi la lasciavano indifferente. «Saltate — diceva alla sua leggitrice — questi sentimentalismi europei». Ella, insomma, apparteneva naturalmente a quel gran publico per cui esteti e psicologi si affaticano ad elaborare la loro mostruosa arte novella.

No, Nadina non poteva essere così! E nel non essere più quello che era e nel non poter divenire ciò che era Mrs. Evelyne consisteva il suo martirio segreto.

Ma sempre e dovunque Nadina si trovasse, e nel vestire e negli atti, faceva capire quale era la sua condizione: ella era e voleva essere domestica, dama di compagnia, nulla più.