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il trionfo di nadina 121


Era l’uomo dai sandali in attitudine rispettosa, col cappello in mano.

— Signorina — disse l’uomo arrossendo tuttavia — il luogo è male adatto per parlare ad una donna; lo riconosco, ma il bisogno di giustificarmi è anche più forte. A me, ieri in chiesa, è venuta fuor delle labbra una parola banale. Ma io le giuro due cose: la prima che essa non era detta con intenzione: e mi crederà considerando che un uomo, alla mia età e come me, sarebbe da esporre al vituperio publico se osasse rivolgere a lei un’espressione amorosa: la seconda è che io non avevo nessuna idea o voglia che ella sentisse. Io solo sentii nascere entro di me quella parola, eppure lei ha udito! Io ne sono mortificato dolorosamente e vorrei che ella mi perdonasse.

Nadina sorrise a quel bizzarro discorso e sorridendo, guardava l’uomo che così andava parlando. Se un’alta fronte — largo campo alle battaglie del pensiero — non avesse parlato in favor suo, ella avrebbe così giudicato di lui: «anima di fanciullo imprigionata in un corpo d’uomo.» E fu per questo, cioè per la sincerità e la ingenuità che trasparivano da quel volto, che Nadina disse schiettamente:

— Caro signore, una donna non può offendersi di una simile parola se non quando la giudicasse irriverente o detta per beffa, il che non posso credere per rispetto a me ed a lei.