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il trionfo di nadina | 113 |
farne erigere uno, quando una cameriera elegantissima, in cuffietta bianca e niente scalza benchè sull’arena, le si accostò e disse: — La mia signora mi manda a dire che se lei vuole approfittare della sua capanna, faccia pure! —
Nadina ringraziò, guardò a torno e osservò, meglio che prima non avesse osservato, non lungi da sè sulla spiaggia un piccolo attendamento signorile.
Da una gran sedia di vimini con frange e cupolino veniva fuori un volto e una capigliatura color carota, e su quel volto si disegnava un sorriso benigno con gli angoli delle labbra in su: e il sorriso e una mano che sporgeva, dicevano: «Siamo noi che offriamo!»
Presso alla sedia era piantato un tavolino con giornali, sigarette, cestello con ricamo: il tutto al riparo di un ombrello enorme multicolore, fissato sulla spiaggia. Sedia, tavolo, ombrello riparati alla lor volta da un elegantissimo camerino da bagno di fine e graziosa fattura, inverniciato a colori vivaci.
Un compiuto attendamento alla cui guardia stava un terribile enorme cane danese.
Nadina si accostò.
Il cane danese scoperse i denti e ringhiò.
— Approfittate mio capanno, io non potere più prender bagni. Orribile gente ha sporcato il vostro bel mare. Accomodatevi!
La fantesca pose uno sgabelletto di vimini