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:: | Il tramonto della virtù | 35 |
lesse i suoi carmi, cioè le sue liriche; io le mie. Io meravigliai di lei; lei di me. Voi sapete che io sono triste; ma lei diceva: «come è delizioso, amico, il vostro pensiero squillante!». Alla sua volta lei esaltava se stessa come una divinità, ma le vesti le davano impaccio così che le buttava via con questo verso: nuda va la mia divinità! Il primo giorno andiamo al caffè, e prendiamo il caffè. Leggiamo le nostre liriche. Al secondo giorno, ancora appuntamento al caffè, e riprendiamo la lettura delle nostre liriche.
«— Ah, — m’interrompe ella dolcemente, — potessimo leggere le nostre liriche soli nel sole in mezzo della natura!
La cosa era fantastica, ed io la reputai un’espressione del tutto poetica; ma dopo un poco ella aggiunse: — scusate, non potremmo andare a leggere a casa vostra?
A queste parole risposi:
«— Non posso a casa mia.
«— Non fa nulla — ella disse. — Andiamo all’albergo.