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Il topo di biblioteca 25

minuto; e stare fermo, non poteva; e aveva un peso nel cervello, quasi ci fosse stato messo un contrappeso di piombo che tenesse per forza sbarrate le pupille, come nelle teste di porcellana delle bàmbole mettono un contrappeso di piombo perchè tenga sbarrate le pupille. “Via, andiamo in Biblioteca!„ Ma poi, quando si trovò all’angolo di via B*** e vide scritto in bronzo Biblioteca Nazionale, ebbe paura. L’idea di studiare gli dava avversione profonda, come ad uno scolaro negligente. Ma se prima gli era cosa tanto piacevole! Il suo tavolo verde, nella gran sala della Biblioteca, con tutti i volumi volumoni, volumini, era religiosamente rispettato. Era quello il suo regno, dove, al suo entrare, tutti chinavano la testa.

La sua scarpa scricchiolava signorilmente su la passatoia; un bisbìglio lusinghiero feriva talvolta i suoi orecchi: “Quello è Fulai„. Al suo tavolo, i distributori, cameristi silenziari, deponèvano incunàboli, codici cartacei e pergamenacei. Ma quel giorno Fulai guardò con terrore i codici cartacei e pergamenacei.

Gli pareva di mettersi lo scafandro per calarsi a dieci, quindici metri di profondità; dieci, quindici secoli nell’oceano del tempo defunto: nel Dugento! Vedeva tutti i morti delle età morte, vivi: così come il palombaro vede i