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Il topo di biblioteca 9

dici gli parve una mostruosa cosa, una lacerante contraddizione.

In condizioni normali il professore Fulai non avrebbe avvertito nulla di tutto questo: egli non sarebbe morto nè in guerra, nè tubercoloso: dunque la cosa non lo riguardava. Tutt’al più sarebbe morto come Francesco Petrarca, con un codice in mano, per effetto di un soffio soave, come si spegne una candela.

Ma in quel giorno egli non si trovava in condizioni normali, e perciò percepiva cose che comunemente non si percepiscono. Gli pareva che gli dolorasse il dito pollice.

Che strana agitazione crescente! Ah, finalmente è finita quella lugubre conferenza: finalmente egli si può muovere! Vede che tutte quelle redingotes sono festanti; tutti vanno a complimentare l’oratore. Ma Fulai guarda il sole che, dal basso arco del cielo, rompe la bruma autunnale, si proietta su la gran corona nera dei pini, sull’edificio bianco.

Al ritorno, in automobile, egli si trovò proprio di fronte al commendatore G***, direttore del laboratorio farmacologico dell’Università. Il commendatore G*** era molto infervorato con un suo collega a commentare il discorso del senatore X***: "Straordinario! — diceva. — Vero, professore (si rivolgeva a Fulai), che an-