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chi sarà lo sposo? 21


Piacque la risposta e gli fu fatto cenno di andar avanti di buon animo.

Quando fu presso del castello, glie se ne fece manifesta tutta la magnificenza: era di marmo con logge e trafori, e per tutto l’edificio correvano tralci di rose in tanta copia e bellezza che da per tutto ne era il profumo. Avrebbe voluto Fortunio vedere più da vicino, ma grande era la calca di quei gentiluomini, tutti superbamente vestiti: pure, esile com’era, si provò di aprirsi un passaggio: ma un signore, più alto e sfarzoso degli altri, gli si voltò con mal piglio e gli gridò:

— Chi ti ha introdotto fin qui? Indietro, piccolo paltoniere.

— Signor gentiluomo — rispose con mansueta voce Fortunio — io non sono paltoniere, come ella dice, e se le mie vesti sono umili il torto è solo della fortuna. Ella però non ignora che le leggi della nostra graziosa Regina non fanno divieto ad alcuno de’ suoi sudditi di venire alle nozze. Se lei può venire, io non vi sono messo fuori.

Quel signore sorrise e disse:

— Si vede che sei nato troppo presto e sei andato a scuola soltanto dal prete che insegna il Vangelo. Anch’io le leggi le faccio scrivere ai filosofi del mio regno, perchè così comanda l’uso antico e la convenienza, ma per solito le interpreta ed eseguisce la spada. Sarà meglio che tu torni a casa, se casa hai.

— Mai più, signor cavaliere, piuttosto morire! — e pronunciando queste parole egli capì che era giunto il momento in cui con serenità pari all’ardimento conviene mettere sul tappeto del gran giuoco la posta della propria vita. E così fece stendendo il braccio rigido, armato dello stocco.

Certamente Fortunio non aveva in nessuna scuola imparato la nobile arte del ferire, ma le onde del gelido fiume aveano, per magica forza, comunicato qualche cosa della loro glaciale energia alle membra di Fortunio che