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chi sarà lo sposo? 19


Ma Fortunio non era nato nel villaggio di quella gente nana e motteggiatrice che noi abbiamo conosciuta. Fortunio volle spendere bene la vita e non fece come l’avaro che muore di fame per conservare il tesoro.

La corrente del fiume era formata, io non saprei ben dire, come da tante enormi mani, benefiche e malefiche, simili a quelle dell’uomo. L’una lo aggrovigliò in mille nodi tenaci, lo soffocò e lo spinse nell’abisso dell’acqua.

Ma un’altra mano lo sollevava sin fuor dell’acqua e, benchè pietosa, avea abbracciamenti tenaci, scosse e percosse e rapiva il corpo dell’adolescente per il profondo gorgo con un murmure ed un fascino di acque loquenti misteriose e titaniche cantilene.

Quando Fortunio toccò la riva opposta, benchè le carni gli si gelassero, non potè a meno di ridere. Il figlio del Re di corona era giunto presso alla riviera con tutta la sua baronia; ma non sapevano come tragittarla. Davanti a quell’impedimento non preveduto e non superabile, i cavalieri si erano sbandati e correvano la riva in cerca di un navalestro e d’una barca. Solo, immobile, sopra il palafreno era rimasto il loro signore, in atto così bello che pareva un eroe che si sta a meditare grandi cose. Ma Fortunio dall’altra riva rise con tutta quella forza che le onde ghiacciate aveano infuso in lui, così forte che il giovane sire udì quel riso e si scosse paurosamente e con moto sì goffo che ben giudicò Fortunio essere vere le parole di quel carbonaio sapiente.

Si rivestì in fretta: oramai le sue membra aveano acquistato in quel bagno qualche cosa della durezza e della insensibilità del ghiaccio: quasi gli pareva che un colpo di spada non le avrebbe nè perforate nè insanguinate. Però, dentro, il cuore avea dei moti e dei sobbalzi