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xliv pietro panzeri


Quando scelse quel suo appartamento nell’Istituto, la stanza migliore e più ampia le cui finestre danno su di un gran terrazzo, era destinata per la madre sua, la quale morì nel 1896 e avea pel figlio un’adorazione.

Da quella terrazza, a lieve altezza dal suolo, gli occhi si riposano sulle sottostanti aiuole ben culte e fiorite e, più lontano, sull’attiguo parco di casa Melzi, dalle antiche piante.

Rimasto dunque per lui solo quell’appartamento, spesso vi accoglieva un piccino, un suo nipote, col quale si compiaceva di conversare, e volle a compagno ne’ suoi viaggi a Parigi ed a Vienna.

Era quel bimbo intelligente tutto il suo amore.

Ora anche quelle stanze sono addette all’uso di infermeria.

Ma anche quando egli era vivo, servivano a questo scopo, talvolta. Giacchè se vi era qualche piccolo infermo, che bisognava isolare, voleva che lo segregassero nel suo appartamento.

«Lo metta nel mio appartamento!» diceva; e alle naturali obbiezioni rispondeva con un: «Lo voglio» che non ammetteva replica.

Quando morì — e fu la sera del 13 aprile dello scorso anno — avea nelle stanze attigue parecchi ammalati che si erano dovuti isolare perchè coi loro lamenti disturbavano gli altri infermi.

Il Panzeri sostenne anche onorevoli uffici cittadini: fu presidente dell’Associazione Sanitaria Milanese, consigliere dell’Istituto Sieroterapico, di-