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pietro panzeri | xliii |
si doleva perchè non andassero quasi mai fuori. Contraddizioni che fanno onore!
Il Panzeri non ebbe famiglia propria, ma è certo che amava i piccoli ricoverati come figli suoi e aveva quel senso di pietà e di bene per l’infanzia che è carattere degli animi squisitamente gentili. Naturale questo affetto nella donna, esso è piuttosto raro nell’uomo, specie poi nell’uomo che è rimasto scapolo oltre al limite del tempo ragionevole per crearsi una famiglia. Gli scapoli di matura età hanno di solito una specie di sacro terrore per l’infanzia, e se accarezzano il mento di un bambinello, se per convenienza ne blandiscono le chiome ricciute, se dicono: «Carino!», nel cuor loro aggiungono: «Carino, ma lontano; se li tenga chi li ha fatti!»
Il Panzeri, ripeto, sentiva il naturale affetto per la sua numerosa famiglia di piccoli infermi. Abitando nell’Istituto (quattro stanzette al primo piano nel padiglione centrale, dove unico lusso era la pulizia più scrupolosa) se udiva qualche piccino piangere nella notte, si alzava egli medesimo.
Sovente faceva i suoi pasti insieme ai pensionanti e al personale superiore di servizio nella sala da pranzo che è a terreno del padiglione centrale. Quivi la sua indole austera si scioglieva in lietezza alla vista e alla compagnia dei piccoli pensionanti, suoi commensali, che gli davano familiarmente il: «Buon giorno, signor Direttore!»
Li baciava e li teneva spesso sulle ginocchia.