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218 | divagazioni in bicicletta |
Quello era un giorno di grande lavoro di pedale, almeno per me; l’itinerario portava la tappa ad Urbino; io inoltre non volevo tralasciare di visitare il passo del Furio, il che avrebbe portato una deviazione in più di circa trenta chilometri.
Da Borgo a San Giustino sono pochi chilometri: di li si piega a levante, si lascia la valle del Tevere e si sale continuamente a giravolta per circa venti chilometri sino a raggiungere l’Alpe al valico di Bocca Trabaria: è questa la via detta delle Marche, eccellente, larga, con isproni e manufatti di sostegno pregevoli del tempo del governo granducale. Le ferrovie hanno fatto perdere quasi ogni importanza a questa strada che congiungeva Marca e Toscana; tuttavia ancor oggi vi passa la diligenza che parte, credo, da Urbino e fa scambio sull’Alpe con altra che viene da Borgo San Sepolcro. Questa via è anche gloriosa per la fuga eroica di Garibaldi nel ’49. Una scritta sull’Alpe ne ricorda il passaggio e mi commosse più dei soliti monumenti.
Al passo di Bocca Trabaria, vera bocca scavata nel monte, fremeva il solito vento solitario e violento, che spira per tutto il crinale. Diedi un’ultima occhiata alla gran valle del Tevere, la quale si dominava ampiamente, solenne, italica, pingue, luminosa. Dall’opposto versante si apriva la valle del Meta, lì presso strettissima, tutta verde, degna della Svizzera. Si allarga e poi si confonde con altre valli e monti fra cui, presso l’Adriatico, vidi disegnarsi a pena il Carpegna e la doppia amba del Monte Simone. Più verso mezzodì brillava la linea del Catria, alle cui falde è il convento dell’Avellana di memoria dantesca. E sempre quest’ombra di Dante che ne persegue per tutta questa gloriosa Italia!
Di lassù scendere sino a Sant’Angelo in Vado, lungo la valle del Meta, fu un lampo. A Sant’Angelo colazione quasi spartana e in sella: il sole scottava, la via era