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divagazioni in bicicletta 217

lassù dai frati, e mi volevano ancora fra loro; ma l’itinerario parlava chiaro: alla sera dovevo essere a Borgo San Sepolcro: circa venti chilometri, ma via bellissima, discendente col Tevere per la grande valle che esso forma; tale da percorrersi in un’ora: inoltre la luna nel cielo caldo e puro mi assicurava i suoi favori quando quelli dell’aureo fratello fossero venuti meno prima di giungere al Borgo.

Strinsi molte note ed ignote mani, anche le pneumatiche vennero calorosamente palpate da molte mani, giacchè questa è una passione costante dei grandi e dei piccini quando si trovano a portata di una gomma di bicicletta. Così lasciai l’ospitale Pieve e dopo un percorso piacevolissimo, l’avemaria suonava dal Borgo che esso si vedeva in fondo della lunga e dritta via che forma l’ultimo tratto.

Scesi al Fiorentino, locanda eccellente, cucina e vini squisiti — almeno tali mi parvero dopo quelli dei frati — pulizia, servizio e cortesia tutta toscana. Il trattore, ciclista anche lui, fu poi d’una compitezza non compresa, come ne temeva, nel conto. Uno dei piaceri del ciclista, giunto alla tappa dopo un lungo viaggio, è quello di detergersi in molta acqua, mutarsi abiti, farsi servire; e quella sera non mi poteva capitar meglio anche perchè la sala da pranzo invogliava, bella com’era, piena di eleganti signori, di stoviglie, di luce. I maccheroncini col pomidoro, un fritto di cervella, crema e composta sono degni di essere consacrati alla storia come la polenta di Badia Tedalda.

La mattina alle quattro, mentre godevo del più meritato riposo, il cameriere mi svegliò. Il trattore, ciclista, era già in piedi, avea rianimato i fornelli e preparava un caffè eccezionale. Stante l’ora, le gomme furono lasciate in pace e le stelle scomparivano in una languida biancura di puro mattino quando lasciai Borgo San Sepolcro, tuttavia addormentato.