Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/294

216 divagazioni in bicicletta

io non vidi, io non udii che ai prelati, ai vescovi, agli onorevoli deputati del popolo voi offrite miglior stanza di quella offerta a me, imbandite più lauta mensa e sturate bottiglie di più autentico contenuto.

Piccole miserie a cui soggiacete vostro malgrado, forse. Caso mai l’avrete a vedere con S. Francesco. Io per me vi ringrazio del pane, del vino e del sale. Venni, partii e voi non chiedeste nè il mio nome nè la mia fede. Che si può pretendere di più?

Per mio conto risposi a cortesia con altrettanta cortesia: io ho creduto con divozione a tutto quello che mi hanno detto: all’orrendo masso sospeso per miracolo, all’acqua zampillata dalla pietra, al luogo dove il glorioso padre S. Francesco passeggiò con nostro Signore, all’uomo incredulo precipitato da una racapricciante altezza e risalito salmodiante mentre i monaci con la barella erano discesi per raccoglierne il cadavere; queste e molte altre leggende fiorite ho ascoltato e creduto. E perchè non prestar fede alle fole ed alle leggende quando pur crediamo a tante altre cose che il tempo e l’esperienza distruggeranno o dimostreranno erronee? A tutto dunque ho creduto; ma quando il padre che ci era guida venne fuori sostenendo che i Fioretti erano del Cesari, mi ribellai: un maestro di scuola lo poteva ben dire; ma per un francescano, alla Vernia per giunta, era un errore imperdonabile. Ah, non per.nulla il glorioso Santo affidò la sua memoria specialmente a frate Lupo, alle colombe sirocchie, a sora Luna e frate Sole; all’acqua umile e al robusto fuoco!

Il giorno dopo quasi insieme col sole cadente ero di ritorno alla Pieve. Ospiti e conoscenti mi furono festosamente attorno domandando se me l’era passata bene