Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/286

208 divagazioni in bicicletta

pensare un’intellettualità senza pari. Riandava con la mente il viaggio che San Francesco fece alla Vernia come è ne’ Fioretti: dove si racconta come peregrinando San Francesco con frate Leone in terra di Romagna, fu nel Montefeltro ad un nobil castello ove si celebravano grandi feste. Quivi onoratamente accolto, fu da Orlando, signore di Chiusi, donato di un monte divoto in Casentino, che era appunto la Vernia.

Dopo alcun tempo il Santo con alcuni suoi compagni si recò al detto monte, fondò il convento, fu visitato dal Signore, ne ricevette le stimmate, si ispirò fra il profumo della foresta e il canto degli uccelli a quel — Cantico del sole — che più tardi gli germogliò dal cuore d’infra gli olivi di San Damiano, ove Santa Chiara vegliava, lagrimando, la immortale passione di lui.

Ma a poco a poco andando silenziosamente — il mulo sterpava ogni tanto qualche cespuglio che di per sè gli si offriva lungo la via, e questo era il solo rumore — quel singolarissimo canto mi rifiorì nella memoria, ancorchè da molto tempo letto, e oramai quasi obliato. Me lo suggerivano in quella gloriosa giornata di luglio, le ginestre, il murmure dei rivi, la luce, le piante, il trillo degli uccelli: nasceva insomma dalle cose il cantico mirabile del frate estasiato:

Laudato sie, mi Signore, cun tucte le tue creature,
Spetialmente messer lo frate Sole,
Lo quale jorna et allumini per lui;
E ellu è bello e radiante cum grande splendore:
De te altissimo porta significazione.
Laudato sii, mi Signore, per sora luna e le stelle
In celu l’hai formate clarite et pretiose et belle.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Laudato sii, mi Signore, per sora nostra morte corporale.

O le antiche dispute de’ dottori della Chiesa, o le superbe anatomie degli antropologi e de’ filosofi su San